La maggior parte delle persone, fin da piccole, hanno imparato che per ottenere l’approvazione degli altri è necessario soddisfare determinati standard di comportamento. Oltre a queste pressioni esterne in alcuni è percepito anche un forte impulso interiore a raggiungere o mantenere determinati livelli di rendimento; ciò che contraddistingue chi manifesta il perfezionismo è proprio il fatto che gli standard risultano irragionevoli e al di sopra delle reali possibilità.
La tendenza al perfezionismo è “sana” quando, ad esempio, la persona stabilisce elevati standard di prestazione ed è soddisfatta una volta raggiunti, ha un atteggiamento rilassato e attento e gli alti standard sono connessi alla sua forza e ai suoi limiti; si può parlare di perfezionismo disfunzionale, invece, quando la persona non riesce a fare abbastanza per soddisfare le proprie aspettative, tende a procrastinare per paura del fallimento, lascia dipendere la sua autostima dalla performance, è inflessibile e il suo pensiero è “tutto o nulla”.
Ma dove ha radice il perfezionismo? Il suo aspetto più importante risiede in una modalità genitoriale centrata sulla critica, sul tacito “tu vali per le tue performance, per cosa fai, non per cosa sei”. I bambini dopo i due anni non dipendono più completamente dagli adulti, sviluppano una propria volontà e determinazione che possono andare in contrasto con le regole imposte dai genitori; questi ultimi esprimono richieste esagerate e precoci, creando rigidità e colpevolizzazione e generando nel bambino l’impressione di non fare mai abbastanza, un forte senso di paura di poter sbagliare e un blocco nella spontaneità.
L’Analisi Transazionale, un approccio terapeutico derivante dall’Analisi freudiana e integrato nel mio modello terapeutico, evidenzia come in ogni essere umano sono presenti tre stati dell’Io che vado ad esemplificare in questo modo: l’Io Genitore, che rappresenta sentimenti, pensieri, e comportamenti che ogni persona acquisisce durante lo sviluppo della relazione con i genitori e con le figure significative; l’ Io bambino che rappresenta emozioni, sentimenti e comportamenti risalenti alla prima infanzia e contiene le prime esperienze e modalità verso se stesso e gli altri ed infine l’Io adulto, che è il mediatore e rappresenta pensieri, sentimenti e comportamenti coerenti nei qui e ora; indica la capacità di trovare continuamente nuove strategie di adattamento senza subire contaminazioni delle altre parti.
Ora, riferendoci alla modalità relazionale, si attiva in noi il genitore normativo o critico tutte le volte che vengono manifestati comandi, atteggiamenti di divieto, e vengono sancite regole e leggi; si attiva invece il genitore affettivo quando ci si prende cura di qualcuno offrendo comprensione e sostegno e quando si mostra attenzione. La nostra parte bambina può dunque essere adattata a critiche e giudizi e dunque influenzata da divieti e pregiudizi, oppure libera da essi.
Il perfezionista interiorizzando un genitore normativo e critico si muoverà nel mondo come un bambino adattato, compiacendo, adeguandosi e rispondendo alle aspettative altrui.
“Sbrigati!”, “Compiaci!”, “Sii perfetto!”, “Sforzati!”, queste spinte generano una tensione ed un’ansia generalizzata poiché correlata al valore personale e al pensiero dicotomico. Il mondo è visto in bianco e nero, le regole e il rigore sono il pane quotidiano, “devo eccellere altrimenti non sono nessuno!”, dice all’interno. Salta da un estremo all’altro di un continuum, non esistono vie di mezzo, anzi non sono neppure considerate le mezze misure. Si muove tra il tutto o il nulla, fra contraddizioni morali, di pensiero e di comportamento. Questo perché è presente in lui un conflitto che si traduce nell’alternativa tra il mantenersi legato a regole interne rigide o progredire verso la libertà e la scelta, difendendosi dunque dalla pericolosità della spontaneità con il dubbio e la non scelta.
A livello verbale questo conflitto è evidente dalla presenza nell’eloquio del “Si, però…”.
Esplorare questo conflitto è parte fondamentale della terapia, con l’obbiettivo finale di integrare le due parti; questo significa rafforzare lo stato dell’Io adulto, imparare a “sentire” e a vivere il momento presente.
Riferimenti
Gabbard G. O. (2007), Psichiatria psicodinamica, quarta edizione, Cortina, Milano Giusti E., Caputo O. (2009), La perfetta imperfezione, Sovera, Roma.
Hollender M.H. (1965), Perfectionism. Comprehensive Psychiatry, 6, 94-103 Stewart I., Joines V. (2000), L’Analisi Transazionale, Garzanti, Milano.
Dott.ssa Risca Ilaria
Psicologa – Psicoterapeuta